Colonna sonora: la rivoluzione del cinema

Alla fine degli anni venti, una grande novità rivoluzionò il mondo del cinema: sulle pellicole era possibile imprimere (tramite l’incisione di vibrazioni luminose) una colonna sonora!

Parole, rumori, musiche divennero parte del girato.

Il primo film dotato di una colonna sonora fu Il cantante jazz, di A. Crosland (1927), interpretato dall’attore e cantante Al Jolson, dove alla musica si aggiungevano i dialoghi dei protagonisti. Ma senza dubbio uno dei risultati più celebri e più importanti nacque dalla collaborazione fra il compositore Sergej Prokofiev ed il regista Sergej M. Ejzenštejn con il film Alexander Nevskij (1938).

Quando il cinema era muto

Secondo Ejzenštejn, la tendenza verso il sonoro era già intrinsecamente sviluppata nel cinema muto: gli stessi antenati del cinema (le ombre cinesi, le lanterne magiche, il teatro ottico ecc.) proponevano intrattenimenti accompagnati dalla musica.

Quando la pellicola veniva proiettata nelle sale, un pianista, presente in sala, accompagnava la drammaturgia con fantasia e tempismo, con note improvvisate o citazioni da grandi compositori. In altri casi potevano esserci strumenti automatici, complessi di strumentisti fino ad arrivare ad un’orchestra sinfonica (per eventi di lusso).

L’introduzione del sonoro venne inizialmente accolta con diffidenza, si temeva che il sonoro facesse regredire il cinema a livello di “teatro fotografato”; che i film venissero realizzati con l’unico scopo di affascinare il pubblico con parole e musica, ponendo in secondo piano il lavoro sulla messa in scena e montaggio.

Da lì a pochi anni il sonoro, al contrario di quanto predetto, conquistò l’intera macchina cinematografica, regalando valore aggiunto e potenziale creativo al girato.

La colonna sonora si definisce in tre differenti elementi:

La parola, ossia il dialogo tra i diversi attori e personaggi del racconto od una voce fuori dallo schermo, appartenenti al narratore o agli stessi attori (un pensiero, osservazioni non dette)
i rumori, gli effetti sonori appartenenti al contesto, alle azioni dei personaggi e i fuori campo; la musica, caratterizzante della scena che segue le emozioni rappresentate o le azioni presenti nell’inquadratura (uno strumento, un’orchestra, la radio o un disco..)

Il ruolo della musica

La musica commenta la drammaturgia rinforzandone le emozioni (convergente), o ponendosi in netto contrasto con esse spiazzando lo spettatore (divergente).

La musica convergente:

  • Sottolinea ciò che le immagini dicono attraverso movimenti e ritmo
  • Definisce il carattere di un personaggio e ne esprime i sentimenti
  • Contestualizza l’immagine fornendo indizi di contesto e di tempo
  • Anticipa gli avvenimenti successivi o prolunga  la precedente per consentire allo spettatore di mantenere vive le emozioni suscitate
  • Collega le diverse scene

La musica divergente:

  • Contrasta il messaggio che le immagini vogliono dire attraverso movimenti e ritmo “fuori luogo” rispetto alle azioni presenti nel girato
  • Contrasta i sentimenti e i caratteri espressi da un personaggio
  • Presenta ritmi non in linea con lo spazio-tempo della narrazione
  • Depista lo spettatore verso le azioni future presentate nella pellicola.

Come visto, la musica ha uno strettissimo rapporto con l’immagine per cui contribuisce a portare un unico messaggio.

Viene infatti coniato il termine audiovisione, nel 1991, per sottolineare il valore aggiunto (espressivo ed informativo) della musica alle immagini cinematografiche.


“Cinema non vuol dire immagine, vuol dire movimento, e il movimento attiene sia al suono che all’immagine. Liberandosi da un impostazione dualistica ci si accorge che certi elementi del cinema non sono né visivi né sonori, ma piuttosto transensoriali”

– M.Chion


Essa quindi viene completamente accolta nella struttura basilare del film tanto da arrivare al riconoscimento di un’unitaria struttura audiovisiva.

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