Linguaggio teatrale: le tecniche base dell’illuminotecnica

Nel complesso  linguaggio teatrale l’illuminotecnica teatrale ha diversi compiti specificamente affidati quali: la visibilità, la rivelazione delle forme, la guida selettiva della visione, e la creazione di una determinata atmosfera. Obiettivi che chi crea l’illuminazione deve sempre tenere presente e che sono trasversali, ossia validi per qualunque tipo di spettacolo. 
Vediamoli:

Visibilità

Il primo compito è quello di fornire un’illuminazione tale da consentire una buona visibilità facendo affidamento alle capacità sensibili e percettive legate all’occhio umano. In teatro non è tanto importante quanto è luminosa una data situazione, ma quanto appare luminosa.

Bisogna inoltre tenere conto della scenografia: l’illuminazione dovrà essere diversa a seconda dell’utilizzo di toni scuri o chiari, della luminosità dello stato precedente e degli oggetti in scena (colore, materiali, forme).

Rivelazione

Il secondo compito è la rivelazione delle forme, un’illuminazione sbagliata sarebbe in grado di appiattire qualsiasi scenografia e di far sembrare una figurina incollata sulla parete di fondo l’attore. La profondità e le forme possono essere rivelate scegliendo una corretta angolazione di provenienza della luce che va studiata durante la progettazione.

Selettività

La selettività, invece, si riferisce alla possibilità della luce di direzionare la visione dello spettatore quasi inconsciamente. Nel cinema la macchina da presa seleziona le parti di realtà che vuole che il pubblico veda, in teatro il pubblico vede tutto in campo in lungo. Un sistema valido per guidare la visione è quello di bilanciare l’area selezionata ad un livello di luminosità più alto rispetto a tutto il resto del palcoscenico: l’occhio è sempre più attirato dal punto più luminoso presente nel suo campo visivo.

Atmosfera

L’ultimo compito e quello di riuscire a influenzare lo stato emotivo del pubblico. L’atmosfera agisce su due livelli: uno che serve a definire l’ambientazione, l’altro ci comunica il clima emotivo di ciò che stiamo vedendo e la sua evoluzione.

Ci sono principalmente tre metodi: il primo e quello di bilanciare chiarore e luminosità (legati a tranquillità e mistero), il secondo e quello che miscela luce fredda e calda (la prima trasmette serenità e gioia, la seconda tensione e tristezza). L’ultimo metodo si basa sul controllo del rapporto tra luce e ombra (ombre naturali e morbide inducono tranquillità, mentre le immagini molto contrastate comunicano inquietudine e angoscia).

Posizione e puntamento

La scelta della posizione e del puntamento dei singoli apparecchi per il linguaggio teatrale è fondamentale; da questa dipende il carattere dell’immagine che verrà ottenuta. Vediamo i posizionamenti prestando attenzione in particolare l’effetto creato sulla scena:

  • illuminazione frontale: viene usata raramente poiché pur permettendo una buona visibilità di tutti gli elementi, se troppo luminosa appiattisce i rilievi e i volumi, schiacciando gli oggetti e i personaggi verso il fondale, e annullando le ombre rischiando di danneggiare la plasticità della scena.
  • illuminazione inclinata di 45° rispetto allo sguardo dello spettatore: la direzione obliqua dei raggi luminosi esalta i rilievi ed evita ombre eccessivamente estese, offrendo la possibilità di dividere l’estensione delle zone di luce e di ombra. Utilizzando due proiettori, uno per ciascun lato, si otterrebbe una zona d’ombra al centro del viso e due ombre sul pavimento. Abbassando i proiettori in posizione orizzontale all’altezza degli occhi dell’attore, si otterrebbe un corridoio di luce che attraversa tutto il palcoscenico.
  • illuminazione dall’alto: le ombre portate risultano molto piccole e l’osservatore le percepirà  come disturbo alla composizione scenica; gli occhi e la bocca dell’attore risulteranno bui, rendendo difficile la visione delle espressioni; inoltre l’area di palco illuminata sarà molto limitata.
    La doccia e un particolare sistema di illuminazione volto a produrre effetti irreali quasi magici: i raggi, provenendo dall’alto quasi verticalmente, isolano dal contesto i soggetti illuminati.
  • illuminazione dal basso: l’ombra dell’attore si allungherà notevolmente sovrastando gli oggetti scenici. Utilizzata da sola, creerà una scena molto drammatica e innaturale.
    Questo tipo di illuminazione viene adottata per donare espressioni particolari al volto dell’attore che acquista un aspetto fortemente irreale, satanico o grottesco. La luce proveniente dal basso difficilmente illuminerà tutte le parti della scena: e opportuno pertanto rischiarare l’ambiente con un’illuminazione secondaria di supporto.
  • controluce: fortemente espressiva, si ottiene ponendo una sorgente luminosa alle spalle degli attori (o oggetti), distaccandoli nettamente dalla scenografia. Lo spettatore percepirà presenze concrete come ombre, delle quali non riesce a distinguere espressioni e lineamenti. La valenza negativa dell’oscurità del corpo viene scelta allo scopo di conferire al soggetto una caratteristica perversa e misteriosa.

La presenza di più sorgenti luminose in un allestimento teatrale impone le determinazione di una gerarchia al fine di creare un equilibrio nella composizione, per la sovrapposizione di luci e ombra.

Lo schema tipo per una composizione ideale della scena è  il seguente:

  • Luce chiave: l’illuminazione principale che definisce il carattere prevalente della scena;
  • Luce riequilibrante: puntata sugli attori per addolcire le ombre troppo marcate prodotte dalla luce chiave;
  •  Luce scultorea: volta ad accentuare i rilievi degli elementi plastici della scena;
  •  Luce per effetti: cui viene affidato il compito di produrre una data e temporanea suggestione visiva.


Da questa base nei secoli si snocciolano differenti metodi e teorie e lo sviluppo di proiettori sempre più all’avanguardia.

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